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Morì incinta di due gemelle, a giudizio medico e ostetrica

Medlex Redazione DottNet | 04/04/2018 19:56

Il fatto alla Mangiagalli di Milano: l'accusa è di omicidio colposo, per i famigliari "un episodio gravissimo"

Morì alla clinica Mangiagalli con le due gemelline che portava in grembo. E se solo si fossero messi in atto gli "accertamenti diagnostici e terapeutici" adeguati forse Claudia Bordoni, manager di 36 anni, originaria della Valtellina, e alla 26esima settimana di gravidanza, si sarebbe potuta salvare, almeno lei, dalla grave emorragia interna che il 28 aprile 2016 l'ha portata via con le figlie. Per questo oggi sono state mandate a processo, con l'accusa di omicidio colposo, una ginecologa e una ostetrica dell'ospedale milanese di via della Commenda. 

A deciderlo è stato il gup Ezia Maccora che ha scagionato invece una seconda ostetrica imputata, in quanto avrebbe avuto un ruolo marginale nella vicenda. Il giudice ha così respinto l'istanza di proscioglimento per non aver commesso il fatto delle tre imputate riproposta dalla Procura che già in origine aveva chiesto l'archiviazione del caso escludendo, anche in base a una consulenza tecnica chiesta dal pm Maura Ripamonti, il nesso causale tra l'omissione "gravemente colposa" della ginecologa e delle due ostetriche e la morte della paziente con le due bimbe. 

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Il gip Stefania Donadeo però, aveva dato ragione alla famiglia di Claudia Bordoni che, tramite i suoi legali, si era opposta chiedendo di far luce sulla tragedia, e aveva ordinato l'imputazione coatta con la conseguente richiesta di rinvio a giudizio ritenendo "evidente come non si possa ragionevolmente escludere che, se i sanitari imputati avessero posto in essere le condotte doverose omesse", la signora si sarebbe potuta salvare, almeno lei, "con probabilità considerevoli, e quindi molto più che solo buone, come invece" aveva affermato il pm nella sua richiesta chiudere il caso archiviandolo. 

I genitori e il marito della donna, tramite i loro avvocati, Antonio Bana, Francisca Buccellati e Antonio Sala Della Cuna, parlano di "fatti gravissimi" e in una recente memoria depositata hanno sottolineato che non sarebbero stati "posti in essere i doverosi provvedimenti diagnostici e terapeutici richiesti" per tutelare la "vita della madre" e delle bambine che avrebbe dovuto dare alla luce in una "situazione ad altissimo rischio". Quella mattina, hanno messo nero su bianco i legali, "in un drammatico contesto" per via del peggioramento repentino delle condizioni della 36enne - che già qualche giorno prima per complicazioni era stata ricoverata e poi dimessa dal San Raffaele - non si procedette "quantomeno ad uno stringente monitoraggio" di mamma e bambine e la signora, come chiesto dalla ginecologa, non fu nemmeno sottoposta ad ecografia e altri esami. 

Quindi, anche per loro, "sono state dai sanitari del tutto ignorate le linee guida" di riferimento specifiche: "si trattava di emorragia con conseguente shock ipovolemico (con massiccia diminuzione del volume del sangue in circolo, ndr), colposamente non diagnosticati nonostante il crescente conclamarsi dei segni e dei sintomi". Ora il caso verrà vagliato dalla quinta sezione penale del Tribunale. Il dibattimento si aprirà il prossimo 18 giugno.

Fonte: ansa

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